LEGGE 9 gennaio 1963, n. 7 Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860

LEGGE 9 gennaio 1963, n. 7
Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche alla legge 26 agosto 1950, n. 860: “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri” (G.U. 30 gennaio 1963, n. 27).
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente legge:

Art. 1
Le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte.
Del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio.
Si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio.
Sono nulle le dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo di cui al precedente comma, salvo che siano dalla medesima confermate entro un mese all’Ufficio del lavoro.
Al datore di lavoro è data facoltà di provare che il licenziamento della lavoratrice, avvenuto nel periodo di cui al terzo comma, è stato effettuato non a causa di matrimonio, ma per una delle ipotesi previste dalle lettere a), b), c) del secondo comma dell’art. 3 della legge 26 agosto 1950, n. 860.

Art. 2
La nullità dei licenziamenti di cui all’art. 1 importa la corresponsione, a favore della lavoratrice allontanata dal lavoro, della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione in servizio.
La lavoratrice che, invitata a riassumere servizio, dichiari di recedere dal contratto, ha diritto al trattamento previsto per le dimissioni per giusta causa, ferma restando la corresponsione della retribuzione fino alla data del recesso.
A tale scopo il recesso deve essere esercitato entro il termine di dieci giorni dal ricevimento dell’invito.
Le disposizioni precedenti si applicano sia alle lavoratrici dipendenti da imprese private di qualsiasi genere, escluse quelle addette ai servizi familiari e domestici, sia a quelle dipendenti da enti pubblici, salve le clausole di miglior favore previste per le lavoratrici nei contratti collettivi ed individuali di lavoro e nelle disposizioni legislative e regolamentari.

Art. 3
L’art. 17 della legge 26 agosto 1950, n. 860, è sostituito dal seguente:
“Art. 17. – Le lavoratrici dipendenti da privati datori di lavoro, salvo i particolari trattamenti previsti per talune categorie dagli articoli successivi, hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 5 e 6 della presente legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
Le indennità di cui al precedente comma sono corrisposte:
a) dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie, per le lavoratrici non considerate dalla successiva lettera b);
b) dagli altri Istituti, Enti o Casse che provvedono alla assicurazione obbligatoria contro le malattie, per le lavoratrici ad essi iscritte.
L’indennità giornaliera è corrisposta con gli stessi criteri previsti per l’erogazione delle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.
I periodi di malattia determinata da gravidanza o puerperio non sono computabili agli effetti della durata prevista da leggi, da regolamenti o da contratti per il trattamento normale di malattia.
Nulla è innovato per il trattamento economico delle dipendenti dagli Uffici e dalle Aziende dello Stato, Regioni, Provincie, Comuni o da altri Enti pubblici”.

Art. 4
L’art. 22 della legge 26 agosto 1950, n. 860, è sostituito dal seguente:
“Art. 22. – É dovuta alle lavoratrici agricole di cui all’art. 1 della presente legge, non aventi qualifica impiegatizia, oltre l’assistenza completa di parto, ai sensi del decreto legislativo luogotenenziale 9 aprile 1946, n. 212, e successive modificazioni, una indennità “una tantum” nella misura sottoindicata a fianco di ciascuna categoria:
1) salariate fisse, assimilate, obbligate e braccianti o compartecipanti permanenti, lire 35.000;
2) braccianti o compartecipanti abituali, lire 35.000;
3) braccianti o compartecipanti occasionali, lire 25.000;
4) braccianti o compartecipanti eccezionali, lire 20.000.
L’indennità di cui sopra sarà corrisposta in due rate, delle quali la prima all’inizio del periodo di interdizione obbligatoria del lavoro e la seconda successivamente al parto”.

Art. 5
L’art. 23 della legge 26 agosto 1950, n. 860, è sostituito dal seguente:
“Art. 23. – Per la copertura degli oneri derivanti dalla applicazione degli articoli 17 e 22 della presente legge è dovuto dai datori di lavoro agli Istituti, Enti o Casse tenuti, secondo la rispettiva competenza, ai sensi degli articoli stessi, a corrispondere il trattamento economico di maternità, un contributo supplementare sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
1) per quelli rientranti, ai sensi dell’art. 17, lettera a) e dell’art. 22 nella competenza dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro le malattie:
a) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per il settore dell’industria;
b) dello 0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del commercio;
c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del credito, assicurazione e servizi
tributari appaltati;
d) di lire 2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni giornata di donna o ragazzo per i salariati fissi; di lire 2,95 per ogni giornata di uomo e di lire 2,32 per ogni giornata di donna o ragazzo per i giornalieri di campagna e compartecipanti per il settore dell’agricoltura.
Il contributo è dovuto per ogni giornata di lavoro accertata ai fini dei contributi unificati in agricoltura, di cui al decreto legge 28 novembre 1938, n. 2138 e successive modificazioni, ed è riscosso unitamente ai contributi predetti;
e) di lire 32 settimanali per gli apprendisti di qualunque categoria o settore.
Per quelli non rientranti in nessuno dei settori o categorie di cui alle precedenti lettere a), b), c)
e d) l’appartenenza ad uno dei settori o categorie predetti è determinata con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
2) Per quelli rientranti nella competenza degli Istituti, Enti o Casse di cui all’art. 17, lettera b):
a) dello 0,15 per cento sulla retribuzione per i giornalisti iscritti all’Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani “Giovanni Amendola”;
b) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per i lavoratori iscritti all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo;
c) dello 0,50 per cento sulla retribuzione per i lavoratori iscritti alla Cassa nazionale di assistenza per gli impiegati agricoli e forestali;
d) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per i lavoratori iscritti alle Casse di soccorso di cui al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e successive modificazioni, fatta eccezione per il personale addetto alle autolinee extraurbane in concessione iscritto alle Casse di soccorso istituite per effetto della legge 22 settembre 1960, n. 1054, per le quali il contributo previsto a carico dei datori di lavoro dall’art. 2, n. 2), dei rispettivi statuti è comprensivo dell’onere derivante dalla erogazione del trattamento economico per le lavoratrici madri.
Riguardo al versamento del contributo, alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il contributo medesimo, si applicano, salvo quanto disposto al precedente n. 1), lettera d), le norme relative ai contributi per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Le eventuali eccedenze fra il gettito dei contributi previsti ai precedenti nn. 1) e 2) ed il fabbisogno per le prestazioni economiche di cui agli articoli 17 e 22 saranno devolute, nell’ambito di ciascun Istituto, Ente o Cassa, all’assicurazione obbligatoria contro le malattie con particolare riguardo agli oneri sostenuti per i ricoveri in caso di parto, anche eutocico, e per le prestazioni sanitarie comunque connesse allo stato di gravidanza e puerperio”.

Art. 6
Sono fatte salve in ogni caso le condizioni di miglior favore previste per le lavoratrici nei contratti collettivi e individuali di lavoro e nelle disposizioni legislative e regolamentari.
Sono abrogati l’ultimo comma dell’art. 26 e l’ultimo comma dell’art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica del 21 maggio 1953, n. 568, nonchè ogni altra disposizione contraria o incompatibile con quelle della presente legge.

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